Liu Bolin
Liu Bolin nasce nel 1973 nella provincia più orientale della Cina, lo Shandong. Studia e forma la sua poetica artistica con il maestro Sui Jianguo all’Accademia Centrale d’Arte Applicata.
Nelle sue opere l’artista pratica la “rivelazione” attraverso la tecnica della mimetizzazione, ovvero, sceglie consapevolmente di annullarsi per denunciare la condizione dell’uomo contemporaneo smarrito in una società iper-materialista e iper-tecnologizzata. La società di oggi, secondo Liu Bolin, ci impone di pensare all’interno di schemi ben definiti e così facendo l’uomo perde e annulla la propria individualità.
Questo progetto artistico prende il nome di “Reveal the invisible” e prevede la colorazione del suo corpo, ed eventualmente quello di altri collaboratori, attraverso tecniche di total body painting con il fine di mimetizzarsi nell’ambiente circostante. La performance e il risultato finale vengono immortalati da una serie di scatti fotografici.
Inizialmente, Liu Bolin intraprende la carriera artistica di scultore e solo a seguito della distruzione del suo studio da parte del governo cinese, abbraccia la fotografia come mezzo per esprimere le sue riflessioni sulla società. Più precisamente, nel 2005, mentre stava lavorando ad un progetto che esplorava il concetto di distruzione dell’arte e la tensione tra l’artista e lo Stato, il governo cinese – nell’ambito di un’ampia campagna di rinnovamento urbano – aveva deciso di demolire l’intero villaggio artistico in cui si trovava lo studio di Bolin. Come atto di protesta, l’artista si fece fotografare mimetizzato tra le macerie denunciando il fatto che distruggendo il suo luogo d’arte avevano distrutto anche lui.
Liu Bolin cresce e si forma nel pieno dello sviluppo economico cinese, che coincide anche con un periodo di stabilità politica. I cambiamenti sociali di quel periodo lo hanno spinto ad esplorare temi legati all’identità, alla società di consumo e all’alienazione. Celebre è la sua serie di opere “Hiding in the City” – “Nascondersi nella città” – in cui l’artista, mimetizzandosi con gli scenari circostanti, diventa testimone della vita all’interno della Repubblica Popolare Cinese. Comincia così il suo racconto sul rapporto tra esseri umani e ambiente, sul potere, sul consumismo, sulla memoria e sul progresso.
Liu Bolin unisce queste tematiche ad una filosofia tipicamente orientale secondo la quale tutti i luoghi, tutti gli oggetti hanno un’anima in cui possiamo mimetizzarci, svanire, identificarci del tutto.
“Il camaleonte ha la straordinaria prerogativa di cambiare colore per uniformarsi al colore dello sfondo come forma di auto-protezione mentre gli esseri umani non sono animali perché non sanno proteggere sé stessi.”
Negli anni, Bolin si è mimetizzato ed è “scomparso” in diversi luoghi del mondo. L’ Italia è stata uno dei suoi luoghi preferiti, tanto da diventare protagonista della serie di lavori “Hiding in Italy”.
Questi lavori si focalizzano sulla conservazione del patrimonio storico-artistico italiano, in contrapposizione a quanto accade in Cina.
“Colosseo” è una delle opere più famose e iconiche della seria che mostra come l’artista sia riuscito a fondersi con uno dei monumenti dell’Antica Roma più importanti al mondo.
Il coronamento della serie si ha con il progetto “Hiding in Florence”, presentato a Palazzo Vecchio a Firenze dal 30 agosto al 18 settembre 2023. La mostra, realizzata in collaborazione con il Comune di Firenze, promossa dalla Galleria Gaburro e curata da Marco Bazzini, rende omaggio alla culla del Rinascimento, da sempre una delle grandi mete del Grand Tour, anche contemporaneo.
Attualmente, e fino al 1° aprile 2024, 5 opere di Liu Bolin di proprietà della Pop House Gallery sono esposte alla mostra “Banksy, Jago, Tvboy e altre storie controcorrente” a Biella. Sarà un’ottima occasione per “vedere” l’uomo invisibile.