Intorno a Banksy aleggia un’aura di mistero. C’è chi ipotizza sia un’entità collettiva o chi pensa si tratti di Robert Del Naja, il frontman dei Massive Attack. Nell’ambito della Street Art l’anonimato non è una novità: è una forma di difesa per sfuggire alle forze dell’ordine. Nel caso di Banksy, però, l’anonimato non è solo una necessità, ma rappresenta un valore aggiunto.
Quel che sappiamo è che probabilmente nasce a Bristol nel 1974 e inizia la sua carriera nei primi anni ’90 nell’ambito del Graffiti Writing. Nel 2000, l’artista si trasferisce a Londra, dove inizia a tappezzare la città avvalendosi della sua arma preferita: lo stencil. In particolar modo, invade la città con innumerevoli ratti, rifacendosi allo streetartist francese Bleck le rat. Oltre a raffigurare i celebri topi, Banksy comincia a prendere d’assalto i muri dei palazzi con delle scritte che imitano il linguaggio delle autorità, ma che in realtà propongono contenuti volti a sovvertire le regole e la cultura consumistica. Il suo scopo è quello di provocare e suscitare riflessioni.
La street art di Banksy è un’esplicita provocazione nei confronti del conformismo e del mercato dell’arte; tocca temi tanto attuali quanto perentori: la guerra, l’ambientalismo, la globalizzazione, il potere, la politica. Nei primi anni di attività, Banksy presenta i suoi stencil, così come stampe e opere su tela, in diversi spazi espositivi, iniziando dal suo paese d’origine.
La prima mostra negli Stati Uniti risale al 2002, mentre nel 2003 sbarca a Londra. Le opere più note, però, sono destinate alla strada. Nella seconda metà del 2005 l’artista dipinge sette grandi opere sul muro di separazione di Tulkarem in Palestina, come l’iconico Balloon Debate. Sulla questione palestinese ci ritornerà nel 2017 realizzando a proprie spese a Betlemme un hotel d’artista, il The Walled Off Hotel, arredato con sue numerose opere originali. L’intento è quello di porre sotto i riflettori la questione palestinese e aiutare concretamente l’economia del territorio.
Oltre che nelle strade, Banksy compie un’incursione anche a Disneyland dove colloca un pupazzo che assume le sembianze dei detenuti di Guatanamo per denunciare le torture nel campo di prigionia americano a Cuba. A proposito di Disneyland non si può non citare “Dismaland”, parodia del parco tematico più famoso del mondo. Allestito da Banksy e i suoi collaboratori nel 2015 nel sud-ovest dell’Inghilterra, il parco non era altro che una grande installazione artistica temporanea dal carattere allusivo, ironico ed accattivante.
Nel 2010, invece, Banksy si avvicina al mondo del cinema con il suo documentario “Exit Through the Gift Shop”, che racconta le vicende dell’evoluzione artistica di Thierry Guetta, alias Mr Brainwash. Il film documenta la nascita e il divenire della Street Art.
E come dimenticare la celebre bambina col palloncino che si autodistrugge? Battuta all’asta da Sotheby’s per un milione di sterline “Love is in the Bin”, così ribattezzata, prevedeva un meccanismo di distruzione all’interno della cornice.
È indubbio: Banksy è un artista che non smette di sorprendere.