“Il pittore tellurico” così lo definisce il critico d’arte francese Pierre Restany, affermando che nelle sue opere:
“Colori, materia e luci si fondono insieme, per creare suggestivi remoti paesaggi geologici dove la natura viene rappresentata come purezza della terra ed energia della luce”.
Marcello Lo Giudice nasce a Taormina nel 1957. Dopo un’adolescenza trascorsa nella sua amata terra, si trasferisce per motivi di studio a Bologna, dove consegue una laurea in geologia.
Successivamente, si diploma all’Accademia di Belle Arti di Venezia sotto la guida di tre grandi protagonisti della pittura italiana: Emilio Vedova, Giuseppe Santomaso e Virgilio Guidi.
A partire dagli anni ’80, dopo una breve sperimentazione nell’ambito dell’arte concettuale, si dedica ad una propria ricerca artistica basata sul metamorfismo della materia, sulla purezza del colore e sull’ energia della luce.
Le sue opere sono il frutto di un profondo legame con la natura, in modo particolare quella della sua terra natia, e si basano sull’idea che esiste un connubio tra l’essere e l’energia cosmica. La sua produzione artistica, inoltre, è fortemente influenzata dalla sua formazione come geologo.
Ne consegue una pittura monocromatica, che ricorda remoti paesaggi geologici, in cui materia ed energia della luce si fondono. Come afferma l’artista stesso:
Studiando geologia, paleontologia e geografia fisica, ho conosciuto meglio il nostro pianeta. Analizzando i minerali al microscopio ho visto meravigliose cromie e i più bei capolavori dell’arte contemporanea.
A partire dagli anni ’90, Lo Giudice apre uno studio a Milano, dove inizia ad inventare propri mondi sperimentando con colori puri, pigmenti vivaci uniti ad oli e lavorati con diverse tecniche come abrasioni, asportazioni e raschiature.
Olivier Meessen commenta le tecniche dell’artista siciliano affermando:
“Alla creazione di questa pittura sedimentaria concorrono i ripetuti interventi sulla tela, dove colori, oli e pigmenti vengono stesi in spessi strati, sovrapposti, sepolti e richiamati alla superficie in fasi molteplici (raschiature di spatole, abrasioni, asportazioni, livellamenti). La materia forma corpi pesanti ed opachi che vengono animati da pigmenti colorati e iridescenti. Le linee che si intersecano formano intrecci, interferenze, ponti, percorsi, canali, vicoli ciechi, miraggi.”
Le sue tele appaiono come paesaggi incontaminati e sono espressione di una forte sensibilità per tematiche ambientali e sociali.
Da diversi anni l’artista affianca la Prince Albert II de Monaco Foundation per combattere l’inquinamento e ha disposto finanziamenti per la Riserva Naturale di Vendicari in Sicilia, con l’obiettivo di rendere il mare più pulito.
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